La fiaba e i miti costituiscono una via prioritaria per cogliere l’inconscio individuale e collettivo poiché il linguaggio intuitivo utilizzato dalla fiaba appartiene al patrimonio culturale di tutti i popoli.
Secondo il noto studioso Bettelheim, la fiaba può essere utilizzata in chiave pedagogica per valorizzare l’ES del bambino, ma anche per educarlo alla dimensione religiosa.
Di conseguenza le favole, compresi i racconti natalizi, possono offrire al bambino un clima rassicurante e accogliente, contribuendo alla sua formazione spirituale.
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La fiaba utilizza un linguaggio simbolico. La parola simbolo viene dal greco sym-bàllein che significa gettare o unire insieme. La sua specificità è, pertanto, quella di mettere in comune.
Il simbolo, a livello di comunicazione, crea una unione tra i soggetti comunicanti, ma anche tra il contenuto e il soggetto. Esso è, di conseguenza, la chiave per entrare nel linguaggio immaginifico che precede il pensiero e che lo costruisce e costituisce. L’immagine precede l’idea, perciò per arrivare a un concetto è importante non saltare la fase della immaginazione.
Lo stesso concetto di Dio viene preceduto dalla dimensione immaginifica e simbolica propria delle favole e dei miti.
L’educazione religiosa non coinvolge solamente l’intelletto, ma tutte le dimensioni di una persona.
La struttura della fiaba e il suo linguaggio riescono ad agire sia a livello cognitivo sia a livello emotivo, offrendo così stimoli per la crescita armoniosa e l’accettazione di sé. Inoltre, il linguaggio simbolico permette l’accesso anche alla sfera inconscia dell’uomo. Collega il conscio con l’inconscio.
Attraverso l’intuizione si accede a significati inconsci, propri del nostro io profondo, ma anche antichi, nel senso che appartengono ai primordi dell’umanità, alla nascita stessa del linguaggio e del pensiero.