Il racconto venne pubblicato in volume nella raccolta postuma Racconti fantastici (Milano, Treves, 1869).
Lascio a chi mi legge l’apprezzamento del fatto inesplicabile che sto per raccontare.
Nel 1855, domiciliatomi a Pavia, m’era dato allo studio del disegno in una scuola privata di quella città; e dopo alcuni mesi di soggiorno aveva stretto relazione con certo Federico M. che era professore di patologia e di clinica per l’insegnamento universitario, e che morì di apoplessia fulminante pochi mesi dopo che lo aveva conosciuto. Era uomo amantissimo delle scienze, e della sua in particolare — aveva virtù e doti di mente non comuni — senonché, come tutti gli anatomisti ed i clinici in genere, era scettico profondamente e inguaribilmente — lo era per convinzione, né io potei mai indurlo alle mie credenze, per quanto mi vi adoprassi nelle discussioni appassionate e calorose che avevamo ogni giorno a questo riguardo. Nondimeno — e piacemi rendere questa giustizia alla sua memoria — egli si era mostrato sempre tollerante di quelle convinzioni che non erano le sue; ed io e quanti il conobbero abbiamo serbato la più cara rimembranza di lui.
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